Gaetano D’Agostino

Sono cresciuto in un quartiere complicato di Palermo. Avevo due strade davanti: una cattiva, una buona. Ho scelto la seconda. Sono nato con il pallone tra i piedi. Stavo per strada dalle quattro del pomeriggio alle otto di sera, giocavo alla tedesca e a porta romana. Ero il più piccolo e quando perdevamo , mi prendevo il pallone . Dopo i trent’anni, ho cominciato a vivere l’allenamento in maniera diversa. La comunicazione coi compagni è cambiata. Cercavo di spiegargli tatticamente cosa potevano fare. Ho iniziato a guardare le partite con occhio diverso. Mi sono appassionato alla tattica e ai particolari. Più andava avanti la voglia di allenare, più si affievoliva quella di giocare. A 33 anni ho anticipato la fine della carriera per allenare , perchè mi emoziona.Ad Anzio ho vissuto una bella parentesi, la prima in Serie D con pochissimi soldi e in un girone tra i più difficili con Monopoli, Nocerina e Bisceglie: ci siamo salvati con la squadra più giovane . Quello mi ha spinto ad andare al Francavilla, che con Calabro aveva vinto Eccellenza , serie D e giocato i playoff di Lega Pro. È stato il mio campionato più spettacolare per i gol e i record . Però il calcio in Italia è crudele. Ero convinto che avrei fatto il salto di categoria o che avrei preso una squadra con l’ambizione di vincere il campionato. Non è andata così. L’annata più negativa è stata alla Vibonese. Volevo dimostrare di poter fare grandi cose. Ho peccato di orgoglio. Ho molto rispetto per il presidente Pippo Caffo, ma credo che per fare professionismo serva qualcosa di diverso. Poi sono andato in giro per scuole calcio. Ho visto tante partite di bambini. Mio figlio gioca nella Lazio sia nel campionato nazionale che in quello regionale. La situazione attuale mi ha messo un po’ di angoscia . La colpa è di chi investe: prima bisogna scegliere gli uomini per far crescere i giovani, poi il resto. Si pensa troppo alla teoria e alla tattica. I bambini devono giocare, divertirsi e sbagliare. Invece sono costantemente sotto giudizio perché si pensa solo al risultato. Così mi è scattata la scintilla di creare un progetto: lo sto portando avanti con Carlo Cherubini e la sua scuola calcio CHC. Propongo lezioni private. Ho aperto TikTok e Instagram. Oltre ad allenare, il mio sogno è girare i campi. In Italia il talento c’è : manca invece chi insegna a tirare fuori il talento . Chi ha giocato a calcio, non deve dare per scontato di saper insegnare. Ogni tanto abbiamo il dovere di ritornare bambini e andare nei campi dove siamo cresciuti. Se in prima squadra si presentano giovani con lacune sulla postura e sui principi di gioco, non è colpa loro.

Gaetano D’Agostino

(fonte: il posticipo)

Pubblicato da Alessandro Lugli

Alessandro Lugli è nato a Napoli e ivi risiede. Poeta, giornalista pubblicista e cantante. Direttore di vari blog da lui creati.